Condividiamo questo articolo tratto da La Psicomotricità nelle diverse età della vita – ANUPI Educazione/ ERICKSON –  n. 2, giugno 2023, pg.6

Sensibilissimi a questo tema, abbiamo trovato un efficace appello da parte di «Lippa», rivista specializzata sulla genitorialità e l’infanzia: Vincenzo Calia, pediatra e fondatore di «Lippa», intervista Paola Coscio Marangon, consulente del Centro Psicopedagogico di Piacenza. Eccone una sintesi.

Se smartphone, cellulari, tablet e in generale le nuove tecnologie non vanno demonizzate, è indispensabile però essere consapevoli di come utilizzarle e accompagnare il bambino verso il corretto avvicinarsi a esse, tenendo presente la loro tappa di sviluppo e le caratteristiche di ogni età.

Troppo spesso, per far tacere il bambino che protesta, gli si dà in mano lo smartphone, oppure per farlo addormentare la sera si mette la musichetta dello smartphone al suo orecchio. Il punto è che il fascino di questi oggetti è altissimo, sono portatori di grandi stimoli e il bambino, curioso com’è, e attento a tutte le novità e a tutte le cose, diviene presto capacissimo anche di manovrare questi dispositivi.

Il problema è che il genitore arriva a casa e parte del tempo in famiglia lo passa sbirciando, guardando o scrivendo sul telefono. Il bambino apprende imitando, quindi anche questa esposizione va evitata. Sarebbe bene far sì che il primo contatto tra il bambino e lo smartphone avvenisse a 6 o 7 anni insieme al genitore.

Simone Lanza, maestro di scuola primaria, attivo nel Movimento di Cooperazione Educativa ha approfondito il ruolo degli schermi e afferma (sulla rivista «Gli asini», del Centro di documentazione di Pistoia, 2020) che su una persona in età di sviluppo, il tempo­schermo prolungato altera la formazione neuronale e gli schemi cognitivi che si stanno formando. Con tempo-schermo si intende il tempo di esposizione a tutti i tipi di schermi: tv, dvd, pc, tablet, smartphone, playstation eccetera.

Due sono le motivazioni ben radicate con cui in famiglia si legittima l’uso di schermi. In primo luogo, lo schermo è un buon baby-sitter che riduce conflitti in famiglia: si ottiene una quiete che non si può ottenere con altri mezzi. In secondo luogo, lo schermo, si dice, rende più intelligenti i bambini, ma la capacità di rielaborare e quella di ricordare sono capacità cooperative, sociali e non individuali, che si sviluppano tramite il dialogo.

Un bambino all’inizio della vita deve sviluppare almeno tre competenze essenziali: un linguaggio per comunicare, la capacità di relazioni sociali e quella di afferrare e manipolare oggetti. Nessuna macchina può sostituire l’essere umano perché non guarda, non si prende cura e non media. I genitori mediano con i loro rimandi di emozioni, gesti e parole, dando un senso al mondo in cui cresce il bambino. I devices, inoltre, attivano un’attenzione involontaria che si differenzia dall’attenzione volontaria perché è prodotta con stimoli esterni. L’orientamento volontario dell’attenzione si sviluppa progressivamente, sviluppando delle funzioni esecutive, ed è una capacità acquisita in cui il soggetto orienta il suo sguardo e la sua attenzione su un oggetto.

Il tempo-schermo prolungato, quindi, è un ritardatore potente di sviluppo di competenze cognitive e relazionali. Gli schermi, se utilizzati come fonte primaria di stimolazione e occupazione del bambino, ostacolano il naturale processo di scambio e di scoperta.

L’indebolimento del potere della parola è il risultato peggiore del tempo-schermo. Dal momento che si delega agli schermi, le nuove generazioni imparano a esprimersi con un linguaggio semplice, strutture sintattiche brevi, prevalenza di periodi con sole principali.

Lanza ritiene che la partita oggi consista soprattutto nel quanto si usano gli schermi. Posto che bisogna educare a usare i media in modo critico crede che oggi i percorsi più intelligenti consistano nel mostrare quante altre cose si possano fare senza i media digitali: se si diminuiscono i tempi di esposizione agli schermi diminuisce anche l’aggressività fisica e verbale, migliorano le relazioni sociali e i rendimenti scolastici.